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Lo Stand Up Paddle (2° Parte)

Per quanto riguarda il soccorso acquatico, il salvamento con il Sup è una realtà consolidata da anni in Australia o negli Stati Uniti.

In quei Paesi il soccorso in mare non è inteso come un servizio offerto dagli operatori turistici, ma un vero e proprio corpo di pubblica sicurezza che ha il compito di salvaguardare l’incolumità di chi si avventura in mare o nell’oceano.

Lì questa particolare tavola ha attirato subito l’attenzione ed è stata adattata al meglio per le tecniche di soccorso.

Il vantaggio principale che questo tipo di tavola offre durante un salvataggio in acqua sta essenzialmente nella rapidità con cui permette di raggiungere la persona in pericolo.

L’intervento a nuoto è molto dispendioso e impegnativo, mentre quello con il pattino è condizionato dalla difficile manovrabilità in mezzo ai bagnati.
Oltre a ridurre drasticamente i tempi d’intervento rispetto al tradizionale pattino a remi, il soccorritore sul SUP difficilmente perde di vista l’obiettivo da raggiungere e può intervenire anche con mare molto mosso.

Questo mezzo permette anche un agevole pattugliamento. Infine, la larghezza della tavola SUP permette di poter trasportare una persona fino a riva o addirittura di metterne in sicurezza anche più di una direttamente in acqua, nel caso si dovesse attendere l’intervento di altri soccorsi.

Questo grazie all’aggiunta di comode maniglie laterali su ambo i lati e su tutta la lunghezza per consentire alle persone soccorse di aggrapparsi con facilità.

Sulle tecniche di soccorso con tavola SUP ci si potrebbe disquisire per ore, e ancora non si sarebbero esaurite né le teorie, né le opinioni.

Essendo un mezzo recente, non ancora adottato in larga misura sulle nostre spiagge, è compito di poche scuole e associazioni quello di diffondere una “cultura” e una tecnica ben consolidate.
Chi effettua salvataggi in acqua su una di queste tavole, può affrontare l’intervento con o senza pagaia, in posizione prona (come su una tavola da surf) o remando in posizione eretta, partendo da terra o da un pattugliamento in acqua.

In Italia, ad esempio, il protocollo messo a punto dalla Sezione Salvamento FIN è composto da una precisa sequenza di manovre.
Il soccorritore, dopo aver individuato l’obiettivo ed imbracciata l’attrezzatura, deve correre verso questo senza mai perderlo di vista: una volta raggiunta un’altezza dell’acqua compatibile con la pinna della tavola deve lanciarsi sopra di essa ed iniziare a pagaiare con decisione.

Una volta raggiunto, se il pericolante è in grado di collaborare, può essere aiutato a salire dal soccorritore e fatto mettere in posizione supina per essere trasportato agevolmente in salvo pagaiando in piedi o da sdraiato usando le braccia.
In caso di incoscienza o scarse capacità collaborative del pericolante, il soccorritore deve invece utilizzare il sup mediante una serie di ribaltamenti controllati, in modo tale da ritrovarsi con la persona da recuperare supina sopra la tavola.

Raggiunta la terra ferma infine deve applicare il Protocollo BLS della Federazione Italiana Nuoto.

Sul mercato oramai c’è un’ampia scelta di modelli amatoriali: tavole piccole molto agili o grandi e più stabili, SUP di tipo rigido oppure gonfiabile.

In generale, questi sono i punti a favore riguardo la maggior parte dei modelli presi in esame:
- facilità di trasporto e stoccaggio, da sgonfia entra nel suo zaino.
-  Robustezza: non teme gli urti purché non siano contro cose taglienti o acuminate.
- Maggiore sicurezza per l’operatore e i bagnati da lesioni dovute ad urti ed impatti: nella tavola non ci sono parti dure.
- Peso ridotto: oscilla tra 11 ai 18 kg.
- Gonfiaggio: gonfiare la tavola richiede non più di 3-4 minuti